Divulgatore scientifico, youtuber e comico, Barbascura X sbarca sul palco di Licanias, a Neoneli, e conquista la curiosità degli spettatori parlando di coloro che la società etichetta come geni. In modo semplice, comico ma decisamente efficace riesce a far crollare la fasulla idea che tutti noi abbiamo delle più grandi menti della nostra storia. Non ha paura di fare esempi rischiosi, anzi, si gioca il tutto per tutto e smaschera quelle che sono le false credenze che si sono costruite dietro i nomi di Darwin, Newton ed Einstein. Ci mostra questi colossi della scienza per quello che erano, degli individui particolari e scontrosi, dagli hobby inusuali, ma che sono riusciti a lasciare il segno nella storia grazie alla loro curiosità e ad una buona dose di fortuna. Trattando dei temi più disparati riesce a tenere l’attenzione sulle sue parole, portando esempi concreti anche della sua esperienza personale, facendo scappare pure qualche sonora risata dal pubblico. Noi di Volta Pagina abbiamo avuto il piacere di assistere al suo spettacolo e fargli qualche domanda riguardo il suo lavoro come divulgatore, la situazione politica e ambientale attuale.
Il focus dello spettacolo è una domanda cruciale: Geni si nasce o si diventa? Tu cosa ne pensi?
Chi chiamiamo genio? Qualcuno che ci ispira, qualcuno che ci ha dato qualcosa. Secondo me, il genio è un tizio che raggiunge un incredibile traguardo senza impegnarsi quanto faresti tu. Però questo non è il genio, è il talento, e il talento non esiste né nella scienza nè nell’arte. Utilizziamo la parola Genio con estrema leggerezza. La parola genialità ci viene appioppata, succede per sbaglio, per casualità. Ogni storia è diversa, ci si diventa per fortuna e ossessione, alla base. Il genio è una persona ossessionata, ma anche un po’ scema che però ce l’ha fatta…
In vista delle elezioni del 25 settembre, cosa ti preoccupa del binomio Cambiamento climatico e politica?
Sono preoccupato del fatto che in Italia non sia entrato il tema nelle agende politiche come si deve. Non capisco come sia possibile perché il bacino di utenti e di elettorato interessato al tema è incredibile. I giovani che sono preoccupati per il proprio futuro sarebbero ben contenti e orgogliosi di votare per un partito a prescindere dallo schieramento, nè di destra nè di sinistra, non importa. Voterebbero quasi a qualsiasi partito se nelle priorità di esso ci sia il clima. Non capisco come funzioni la stranezza italiana, come sia possibile che viviamo in questa anomalia. Al momento non ci sono proposte, e se ci sono non si capisce la loro finalità
Ti senti mai scoraggiato vedendo quanta strada c’è ancora da fare per la divulgazione scientifica?
C’è da dire che la comunicazione ha fatto un passo enorme, il tema è quasi ovunque al centro del dibattito pubblico. Ma tra il prendere a cuore il problema e risolverlo c’è un abisso. Le persone possono continuare a autoimporsi per esempio limitazioni di carbonio, ma non sono queste scelte personali a risolvere il problema, ed è per questo che è importante che intervenga la politica dall’alto. Il modo migliore per risolvere questa crisi climatica è quella di applicare delle scelte in modo sistematico tali da costringere le persone a inquinare meno senza che se ne accorgano, senza impattare nel portafoglio delle persone che è alla base di tutto.
Il genio è una persona ossessionata,
ma anche un po’ scema che però ce l’ha fatta.
Parlando della tua vita, in che modo sei riuscito a coniugare la doppia vita da divulgatore e ricercatore?
Ho smesso di fare il ricercatore da definizione nel 2019, da inizio pandemia. Quando ho finito le ricerche sono tornato in Italia e non sono più tornato in laboratorio. Continuo a collaborare con accademie e istituzioni. Ma non voglio più entrare in laboratorio, l’ho presa come decisione personale. Mi piace fare ricerca, ma se avessi continuato sarei diventato un Project Manager, ovvero coloro che scrivono le ricerche ma che non vanno effettivamente a testare. Il chimico è un lavoro quasi da operaio, ti sporchi tanto. Facendo il Project Manager arrivi a un punto in cui programmi tutto ma non sei più tu il protagonista dell’effettivo test.
Adesso è partito un altro mondo, mi sto divertendo molto di più, sono molto più sereno, perchè il fascino per la ricerca pura da laboratorio mi è un po’ passata, l’ho fatto per tanto tempo, e mi ha stancato.. Non mi sono accorto di un cambio, perchè ho continuato e continuo a studiare come un ossesso, sto sempre a lavorare. Gli ultimi tre anni di ricerca non ero veramente felice, e se avessi continuato l’avrei fatto imponendomelo.
Italia e la ricerca: come si sta sviluppando rispetto agli altri competitor europei?
La ricerca italiana ha fatto enormi passi avanti, fa paura, è fantastica! La ricerca è di altissimo livello, nonostante i pochi mezzi. Diciamo che non ci possiamo lamentare..
Il tema del festival è la periferia. La scienza può essere un modo per superare le barriere tra periferia e città?
Più che la scienza, lo studio in generale. Il fatto di poter studiare, interfacciarsi con altre realtà, di potersi documentare è la cosa che apre più gli orizzonti. Quello che dico ,scherzando, è che quando sai una cosa, nessuno può dirti niente in contrario. Il bagaglio di conoscenze che acquisisci diventa la tua identità e diventa un bene materiale che non ti potranno mai togliere. Lo studio è alla base di tutto per unire le città, per scappare dai posti che non ti piacciono e per raggiungere quelli che ti piacciono di più.
A cura di
Chiara Merlin e Antonio Cocco